raiplay/2020/05/11/terza-pagina umanesimo VS scienza -6:50 finisce poiche' presentano libri.
Galileo ed il linguaggio della scienza.
"L'istruzione della nostra borghesia ha un fondamento prettamente anti-industriale. Noi siamo ancrora i figli dei latini, che lasciarono ai servi e ai liberti i lavori industriali e che in ben poco conto li ritennero, tanto che ci tramandarono le storie dei più mediocri proconsoli, e dei poetucoli e degli istrioni che dilettarono la decadenza romana, ma non ci ricordarono neppure i nomi di quei sommi ingegneri che costruirono le strade, gli acquedotti e i grandi monumenti dell'Impero Romano."
Camillo Olivetti (nell'articolo "Lo spirito dell'industria meccanica", 1937, rivista "Tecnica e Organizzazione")
Citato da Giorgio Perotto, nel suo libro "Programma101, l’invenzione del personal computer: una storia appassionante mai raccontata." | forum.zeusnews
Perotto, creatore della P101, primo esempio di personal computer, prodotto dal 1964 al 1971.
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Necessità di entrare nell'anima dell'educando.
Per intendere la vera indole, i bisogni, la vita del suo scolaro, il maestro non
deve fermarsi alla astratta idea che egli sia, poniamo, uno scolaro di una certa
classe, in cui si suppone l'attitudine a seguire uno svolgimento d'un certo
programma: questo è uno scolaro astratto, che non ha vita, e non può seguire
nessun programma; è una cosa, creata dal pensiero inconsapevole della propria
natura; non è una persona. Né basta che lo guardi in faccia, in cui pur
lampeggia in una luce ad ogni istante nuova l‟interno del fanciullo; ma deve
entrare a studiarlo pacatamente nel suo animo, dove si raccoglie e concentra la
vita di quel fanciullo. E per entrare bisogna che lo segua nel suo processo
spirituale, perché quell'animo non è appunto se non un processo. Seguirlo,
tenergli dietro, senza stancarsi, senza dir mai: – Ho capito, ormai, te ti
conosco – Che sarebbe certo un sacrifizio troppo grave pel maestro: ridursi spia
fida, continua, instancabile di ogni individualità commessa alla sua opera
educativa, rinunziando del tutto a ogni slancio spontaneo e indipendente del suo
proprio essere. Ma cessa il sacrifizio e la rinuncia, se si considera che questo
entrare dell‟educatore nel processo spirituale dell‟educando non è punto un
uscire da se medesimo, non è come un distaccarsi da sé, per aderire a un
processo estraneo, ma è né più né meno che realizzare il proprio processo.
Realizzarlo, s‟intende sempre, nella determinatezza della propria
soggettività.Farsi, non essere maestro.
E qui è la chiave così della vita dell‟educatore, come dell‟intelligenza di
essa. Se tutto è spirito, tutto è spirito in quanto si fa spirito. Educatore ed
educando sono spiriti, ma in quanto si fanno, nel loro farsi. Rispetto a un
momento ulteriore ogni farsi è qualche cosa di fatto, non è unità ancora, ma
dualità; e ingenerale, molteplicità. Maestro e scolaro, nel loro primo
incontrarsi, possono, di certo, dissentire e sentire ciascuno l‟altro fuori di
sé, repellente, chiuso, impenetrabile: non quale spirito, che, come sappiamo, è
assoluta permeabilità e trasparenza intima, ma quale materia: una cosa e magari
un coso.
Ma ancora non sono veri maestro e scolaro, devono farsi; e il loro essere, nella
loro correlazione educativa, è farsi.
ref: Attualismo_(filosofia) | Idealismo_trascendentale | Idealismo_assoluto