Tanto tempo fa in India, nella città presso Savatthi, religiosi, dotti e
scienziati litigavano furiosamente, si accapigliavano, si offendevano; ognuno
pensava di dire ciò che era giusto e ciò che era sbagliato e, ognuno, aveva
l’idea che era giusto ciò che diceva lui e sbagliato quello che sosteneva un
altro. C’è chi precisava che l’universo è grande, così grande che non ha né una
fine né un inizio, mentre l’altro sosteneva che il mondo è finito e, per
dimostrarlo, disegnava la mappa del villaggio, dove viveva. C’era chi sosteneva
che gli animali hanno un’anima e chi diceva no; un altro che il tempo non ha né
inizio né fine, mentre il suo interlocutore, iniziava a contare “uno, due, tre,
…, mille …, “Vedi che si può contare il tempo? Nonostante fossero tutte persone
molto colte e istruite, ognuno usava la sua conoscenza per offendere con le
parole l’altro. Tra loro c’era un saggio che stava in disparte, ma disposto ad
accettare l’idea espressa da un’altra persona ed era contrariato dal conflitto
scatenato da chi riteneva persone intelligenti e profonde e, rendendosi conto
che non sarebbe servito a nulla entrare nella discussione decise di raccontare
una storia che li aiutasse a capire. Un re in un tempo molto antico, in questa
stessa città mandò a chiamare tutti quelli che erano nati ciechi. Dopo che
questi si furono raccolti in una piazza, mandò a chiamare un uomo con il suo
elefante. Poi, rivolgendosi ai ciechi, disse a ciascuno di loro: “Questo è un
elefante, secondo te a cosa somiglia?" Ogni cieco toccò l’animale e, secondo la
parte toccata, definì il suo concetto di elefante. Uno diceva una caldaia, un
altro un mantice, un altro, toccando la proboscide diceva il ramo di un albero.
Chi aveva toccato le zampe le aveva scambiate per le colonne di un tempio, per
un altro le zanne erano un aratro, per un altro il ventre era un granaio, chi
aveva toccato la coda la scambiò per una fune di una barca e chi aveva messo la
mano sull’orecchio, lo scambiò per un tappeto. Quando ognuno incontrò l’altro
dicendo ciò che secondo lui somigliava l’animale, discutevano animatamente
perché ognuno era convinto in modo assoluto di ciò che aveva toccato.
Il re li osservava e si divertiva vedendoli così litigiosi e convinti della loro
verità, ma alla fine decise di aiutarli chiamandoli a due a due. Li invitò a
toccare la parte che aveva tastato l’altro e a chiedergli a cosa somigliasse.
Così tutti espressero quello che sosteneva l’altro e, parlando fra loro, tutti
si formarono l’idea di come in realtà l’elefante fosse. Tutti furono d’accordo
che era un mantice con un ramo di un albero nel mezzo e a lato un aratro con due
tappeti sopra un granaio sostenuto da colonne e tirato da una fune di barca.
Dopo aver finito di raccontare la storia, il saggio disse ai sapienti: “Voi fate
la stessa cosa, non sapete ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, né ciò che è
bene e ciò che è male e per questo litigate e v’insultate". "Se ognuno di voi
parlasse e ascoltasse l’altro, contemporaneamente, la verità vi apparirebbe come
una, anche se ha molte forme”.
http://www.gabriellaparra.com/i-ciechi-e-l-elefante.php
Un giorno un Re riunì alcuni ciechi e propose loro di toccare un elefante per
constatare come fosse fatto.
Ognuno era convinto della propria opinione. E, a poco a poco, la loro
discussione divenne una rissa.
Il Re si mise a ridere e commentò:
"Questi ciechi discutono e altercano. Il corpo dell'elefante è naturalmente unico, e sono solo le differenti percezioni che hanno provocato le loro diverse valutazioni ed i loro errori. Chi non si sforza di avere della realtà una visione più ampia possibile, ma si accontenta degli aspetti separati e parziali senza metterli in relazione tra loro, si comporta come questi ciechi !