^^Archimede.

Esempi nel librosito

Principio di Archimede della leva.

Principio di Archimede. Spiegazione del galleggiamento in termini di forza.

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http://archive.org/search.php?query=creator%3A%28Archimedes%29

http://en.wikipedia.org/wiki/Archimedes

 

Archimede. Di Antonio Favaro. Biblioteca www.liberliber.it

Archimede che, come narra Diodoro e confermano arabi scrittori, tra i quali Abulfaragio, visse lungamente in Egitto e vi formò la propria educazione, deve essere approdato ad Alessandria pochi anni dopo la morte dell'autore degli Elementi, e se non potè quindi esserne scolaro, fu, secondo ogni verisimiglianza, discepolo degli immediati discepoli di lui.

 

Ma la invenzione più meravigliosa che, a vantaggio degli Egiziani, scrivono concordemente tutti gli storici avere Archimede ideato, è quella della coclea, della quale il giudice più competente, Galileo, così scrive nelle sue Meccaniche: «Non mi pare in questo luogo sia da passar con silenzio l'invenzione di Archimede di alzar l'acqua con la vite: la quale non solo è maravigliosa, ma è miracolosa; poichè troveremo, che l'acqua ascende nella vite discendendo continuamente».

 

Stabilite poi le condizioni d'equilibrio d'un solido immerso in un liquido, in capo alle quali è formulata in termini espliciti, e tali da non lasciare dubbio alcuno, la nozione del peso specifico, del quale nessuno prima di lui aveva avuta la minima idea, Archimede dimostra che se si immerge un solido in un liquido più pesante, esso tenderà ad uscirne con uno slancio proporzionale alla differenza di densità dei due corpi, ed arriva finalmente a quella proposizione nella quale consiste il cosiddetto «principio d'Archimede», e che testualmente dice: «Un corpo più pesante del liquido nel quale lo si immerge, discenderà al fondo, ed il suo peso, nel liquido, diminuirà d'una quantità misurata da ciò che pesa un volume di liquido uguale a quello del corpo».

 

Nelle due proposizioni che compiono il primo libro, deduce che un segmento di sfera abbandonato in un liquido si disporrà in equilibrio con la base orizzontale, tanto se è sommerso quanto se emerge dal liquido.

Analoghi argomenti, ma d'ordine più elevato, sono trattati nel secondo libro principalmente dedicato allo studio delle condizioni dell'equilibrio d'un segmento retto di conoide rettangolare immerso in un liquido, entrando in considerazioni le quali fanno supporre lavori d'indole ancor superiore, ma che disgraziatamente andarono perduti: a formarsi però un concetto della importanza degli studii condotti da Archimede intorno a questo argomento e pervenuti insino a noi in questo trattato, basti il giudizio del Lagrange, il quale scrisse che «esso è uno dei più bei monumenti del genio di Archimede, e contiene una teoria della stabilità dei corpi galleggianti, alla quale ben poco hanno potuto aggiungere i moderni» e tra quelli che più vi aggiunsero è Galileo, il quale giudicò la dottrina di Archimede sui galleggianti: «quanto di vero in effetto circa sì fatta materia poteva darsi».

 

Nella lettera, se così può chiamarsi, con la quale la scrittura è dall'autore indirizzata a Dositeo, annuncia egli trattarsi della dimostrazione di queste tre nuove proposizioni, cioè che la superficie della sfera è uguale al quadruplo del suo cerchio massimo; che la superficie di qualsivoglia segmento sferico è uguale ad un cerchio il cui raggio uguaglia la retta condotta dal vertice del segmento al cerchio base d'esso; e che il cilindro avente per base il cerchio massimo della sfera e per altezza il diametro di esso, o in altre parole il cilindro circoscritto alla sfera, è una volta e mezza la sfera, e che le loro superficie hanno la medesima proporzione.

 

Il «massimo ingegno sovrumano» di colui che Galileo chiama «il mio maestro» e ch'egli scrive: «aver superato tutti», rifulge in particolar modo nelle opere matematiche ...

 

Fra tutti i suoi lavori pare che egli abbia tenuto in maggior pregio i due libri della sfera e del cilindro, anche perchè il rapporto tra il cerchio, la sfera ed il cilindro, al quale in essi pervenne, è sinteticamente rappresentato nella figura che, a quanto vien riferito, volle scolpita sulla sua tomba e, come vedremo a suo luogo, servì a riconoscerla dopo che se n'era perduta la traccia.

 

Un campo affatto nuovo si aperse Archimede con le ricerche sui solidi di rotazione dei quali nessuno s'era prima di lui occupato. Prese egli a considerare i solidi generati dalla rivoluzione delle sezioni coniche intorno ai loro assi, che chiamò cumulativamente col nome di conoidi e di sferoidi, e rispettivamente conoide parabolico ed iperbolico quelli generati dalla rotazione di una parabola e di una iperbole intorno al diametro immobile, e sferoide allungato ed appiattito quelli generati dalla rotazione di una ellisse intorno agli assi maggiore e minore: questi solidi, sia interi che segmentati, egli confrontò coi cilindri e coi coni della stessa base e della stessa altezza. Nelle sue ricerche egli procede dividendo i corpi di rivoluzione mediante piani secanti tra loro paralleli ed equidistanti, ed ottenne con ciò come elementi fra due di quei piani un solido che può considerarsi compreso tra due cilindri, uno inscritto e l'altro circoscritto: la somma dei cilindri maggiori e quella dei minori costituiscono due limiti tra i quali rimane compreso il volume del solido di rivoluzione e che, ravvicinando tra loro le superficie di sezione, possono esser fatti differire quanto poco si voglia tra loro. L'entrare in maggiori particolari circa i molteplici risultati registrati in questo libro ci è vietato dall'indole del presente scritto: ci basti il soggiungere che in esso è fornita una luminosa prova della facoltà che Archimede possedeva in grado eminente di modificare e di adattare il metodo di cui egli si serviva: i suoi procedimenti son vere integrazioni e segnano i primi passi all'invenzione dell'analisi infinitesimale della quale doveva poi gloriarsi il decimosettimo secolo.

 

Moto spirale di Archimede.

 

... definizione di centro di gravità che Archimede stesso scrive in altro suo lavoro d'avere già data ...

 

Il metodo di esaustione di cui Archimede aveva già fatto così felice uso, e per il quale, lo ripetiamo, egli è giustamente risguardato come il più grande precursore dell'analisi infinitesimale, costituisce pure la base dei nuovi procedimenti; ma in essi è una nozione che per la prima volta comparisce nelle sue opere, quella cioè del momento di una forza rispetto ad una retta e ad un piano: senza farne il nome egli la impiega costantemente. Tradotto in linguaggio moderno il suo metodo consiste nel confrontare due volumi considerati come solidi omogenei e nel mostrare che i pesi dei loro elementi hanno lo stesso momento rispetto ad una retta data: siccome uno dei due volumi è stato scelto in modo che questo momento risultante fosse per esso noto, è noto del pari anche per l'altro. Come fu giustamente osservato, se questa scoperta non trasforma il concetto che già si aveva dell'opera di Archimede, essa la completa e la precisa, e mostra che il grande Siracusano s'era portato nelle vie della scienza moderna assai più innanzi che non si supponesse: essa accresce, se fosse possibile, la nostra ammirazione per il suo genio maraviglioso. Sicchè riceve nuova conferma il giudizio del Leibniz, il quale lasciò scritto che coloro i quali sono in grado di comprendere Archimede, ammirano assai meno le scoperte dei maggiori uomini moderni.